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Attività --> PER INSEGNANTI ED EDUCATORI

Cosa pensano gli esperti

"...non dobbiamo lasciare l’educazione emozionale al caso, ma adottare corsi innovativi a scuola, che insegnino l’autocontrollo, l’autoconsapevolezza, l’empatia, l’ascolto e la cooperazione. E’ necessaria quindi una vera e propria “alfabetizzazione emozionale” che porti i bambini a vivere con intelligenza le proprie emozioni” .

Poiché a moltissimi giovani il contesto familiare non offre più un punto d'appoggio sicuro nella vita, le scuole restano il solo istituto al quale la comunità può rivolgersi per correggere le carenze di competenza emozionale e sociale dei ragazzi… poiché quasi tutti i bambini vanno a scuola, almeno all'inizio, la scuola è un luogo che permette di raggiungere ognuno di essi e di fornirgli lezioni fondamentali per la vita che, altrimenti, non potrebbe mai ricevere
”   

Daniel Goleman - INTELLIGENZA EMOTIVA

 

Descrizione: G:\00Lavori\Intelligenza_Emotiva\Archivio sito\statico\intemostatico\www.intelligenzaemotiva.it\Attivita\images\28marzo2009  (1).jpg"Oggi è proprio la neuroscienza che sostiene la necessità di prendere molto seriamente le emozioni. Le nuove scoperte scientifiche sono incoraggianti. Ci assicurano che se cercheremo di aumentare l'autoconsapevolezza, di controllare più efficacemente i nostri sentimenti negativi, di conservare il nostro ottimismo, di essere perseveranti nonostante le frustrazioni, di aumentare le nostre capacità di essere empatici e di curarci degli altri, di cooperare e di stabilire legami sociali - in altre parole, se presteremo attenzione in modo più sistematico all'intelligenza emotiva - potremo sperare in un futuro più sereno." 

Daniel Goleman  - INTELLIGENZA EMOTIVA

"… I nostri studi dimostrano che i figli emotivamente allenati ottengono migliori risultati a scuola, stanno meglio in salute e stabiliscono relazioni più positive con i coetanei. Hanno anche minori problemi di comportamento, e riescono a recuperare più rapidamente dopo esperienze negative. L'intelligenza emotiva che hanno acquisito permette loro di essere più preparati ad affrontare i rischi e le sfide che li attendono nella vita."

John Gottman e Joan Declaire - INTELLIGENZA EMOTIVA PER UN FIGLIO

“La pratica quotidiano dimostra che l'insegnante ha, da sempre, un ruolo fondamentale nel gestire e nell'insegnare a gestire le Emozioni dei ragazzi. È dunque di primordiale importanza seguire dalla prima infanzia, poi durante tutto il corso della scolarità, lo sviluppo del ragazzo ed aiutarlo ad affrontare le difficoltà, a guidarlo nella gestione delle sue Emozioni, per arrivare ad un equilibrio tra la mente razionale e la mente emotiva”

J.Castex (2000) – INTELLIGENZA EMOTIVA E SCUOLA in www.janinecastex.com (scaricato il 15-6-2002)

“Il profilo ottimale dei programmi di alfabetizzazione emozionale è di iniziare presto, di essere adeguati all'età, di essere svolti in ogni anno scolastico e di coordinare gli sforzi a scuola, a casa e nella comunità.”                          

M.J.Elias, L.Hunter e J.S.Kress (1997) – EMOTIONAL INTELLIGENCE AND EDUCATION in “Emotional development tand emotional intelligence – Ed.by P.Salovey and D.Sluyter, Basic Book

"Insegnare l'alfabeto delle emozioni per aiutare i ragazzi a diventare giovani uomini equilibrati e sereni….. la capacità di leggere e comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri. Questo processo e’ molto simile a quello nel corso del quale si impara a leggere….. Analogamente, l'alfabetizzazione emotiva comporta il riconoscimento dell'aspetto e delle sensazioni associati alle nostre emozioni, e in un secondo tempo l'uso di tali abilità per comprendere meglio noi stessi e gli altri. Impariamo così ad apprezzare la complessità della vita emotiva e questo migliora le nostre relazioni personali e professionali, aiutandoci a rafforzare i legami che arricchiscono la nostra vita."

Dan Kindlon e Michael Thompson - INTELLIGENZA EMOTIVA PER UN BAMBINO CHE DIVENTERA'  UOMO

L’alfabetizzazione emotiva: il primo passo

Descrizione: G:\00Lavori\Intelligenza_Emotiva\Archivio sito\statico\intemostatico\www.intelligenzaemotiva.it\Attivita\images\pag. 51.jpgCome non è pensabile e non si pretende che un bambino impari a leggere correttamente e speditamente  e a comprendere pienamente il senso di tutto ciò che legge in un solo anno, così non e’ pensabile e non si può pretendere che un bambino diventi emotivamente competente attraverso una sola esperienza educativa in tale direzione. E come l’apprendimento della lettura è un processo, così è un processo acquisire la capacità di leggere e comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri, che richiede allenamento continuo finché non diventa un’abilità automatica, come la lettura.

E’ un processo che ha inizio con la nascita e dovrebbe entrare a far parte, a pieno titolo, nella Scuola, come percorso educativo trasversale, come base comune ad ogni disciplina, a partire dal Nido e almeno fino al completamento della Scuola dell’obbligo, dalla nascita  alla prima adolescenza come minimo.

Oggi questo è solo un Augurio e un Sogno, ma sarà certamente la realtà della Scuola del nostro futuro.

Attendere che questo augurio  e questo sogno diventino una realtà però non basta.  E’ necessario operare da subito , dentro e fuori della Scuola, perché Maestri, Insegnanti e Genitori avviino consapevolmente un cambiamento nel Sistema Educativo Italiano, partendo dalla realtà locale nella quale sono presenti , in modo che, nel tempo, ciò che oggi avviene sporadicamente e in qualche isola felice , sia diffuso ad ogni livello della Scuola e in modo sistematico e professionale.

L’analfabetismo emotivo - * mancanza di consapevolezza e quindi di controllo e di gestione delle proprie emozioni e dei comportamenti ad esse connessi  * mancanza di consapevolezza delle ragioni per le quali ci si sente in un certo modo  * incapacità a relazionarsi con le emozioni altrui - non riconosciute e non rispettate – e con i comportamenti che da esse scaturiscono è diffuso, infatti, nei bambini, nei ragazzi e nei giovani che studiano, a prescindere dal loro quoziente di intelligenza, e  nei giovani che lavorano e negli adulti, anche a prescindere dalla professione esercitata e dal livello culturale raggiunto.

Quale tipo di essere umano voglio che prenda forma attraverso il mio intervento educativo?

Descrizione: G:\00Lavori\Intelligenza_Emotiva\Archivio sito\statico\intemostatico\www.intelligenzaemotiva.it\Attivita\images\Diapositiva1.jpg

“Cosa sono le Emozioni? Quello che provo io lo provano anche i “grandi”? Se ho paura, sono triste, arrabbiato, allora sono “cattivo”, “la mamma e il papà non mi vogliono più bene”? Non so cosa mi succede, non so come si chiama quello che provo, non so cosa fare con quello che mi accade.”

Questo è un esempio di dialogo interiore che i bambini in cuor loro fanno e che non sempre hanno il coraggio di fare agli adulti, ma con cui gli adulti che hanno a cuore i bambini è bene che facciano i conti, al più presto.

Perché un adulto si ponga in modo corretto dinanzi al mondo interiore delle emozioni del bambino, è bene che interiorizzi un concetto, a prima vista ovvio e banale, ma che non è ancora entrato nel pensare comune e per questo non si traduce, nel quotidiano dell’adulto, in comportamenti coerenti e congruenti con questo pensiero stesso: “UN BAMBINO TANTO PIÙ È PICCOLO, TANTA MENO ESPERIENZA HA DEL MONDO E DELLE REAZIONI EMOTIVE AD ESSO”

Ad esempio un bambino di quattro anni ha solo quattro anni di esperienza, SOLO 4 e per giunta le sue esperienze e le sue reazioni emotive sono legate ad un ambiente molto circoscritto – essenzialmente la famiglia – e, quando la frequenta, la Scuola dell’Infanzia. Le esperienze fuori dalla famiglia sono molto limitate.

Confrontiamo adesso le sue esperienze di soli 4 anni con quella di un adulto – un genitore ad esempio – che ne abbia 28, che si muove autonomamente nel mondo e che, oltre alla famiglia che ha formato, ha una famiglia di origine, un lavoro, degli amici, frequenta gruppi (palestra, parrocchia, partiti, sindacati, club, associazioni…) che lo hanno, nel “bene” e nel “male”, stimolato emozionalmente: il rapporto è di 1 a 7.

Il genitore – ma potrebbe trattarsi dell'insegnante o di un altro adulto – in questo caso ha un’esperienza emotiva sette volte superiore a quella del bambino: eppure spessissimo, fatte salve le eccezioni, dimentica

·         che il bambino sta sperimentando per le prime volte, o addirittura per la prima volta, quello che si muove emotivamente dentro di lui;

·         che il bambino non sa dare un nome a quello che prova e che questo fatto crea in lui un grande disagio “Fornire ai figli le parole può aiutarli a trasformare una sensazione amorfa, raccapricciante e sgradevole in qualcosa di definibile, e quindi con confini ben precisi, come ogni altro normale elemento all’interno della vita quotidiana… Studi specifici indicano che l’atto di dare un nome alle emozioni ha di per sé un effetto rasserenante sul sistema nervoso, e aiuta i ragazzi a recuperare più in fretta dalle situazioni di turbamento.”  John Gottman – INTELLIGENZA EMOTIVA PER UN FIGLIO;

·         che il bambino non sa come si gestisce, come si controlla, come si supera tutto ciò che il suo corpo sta vivendo e che sta facendo vibrare il suo cuore;

·         che il bambino si trova smarrito, ansioso, preoccupato di fronte alla vita che scorre dentro di lui, anche quando a scorrere sono emozioni che gli danno piacere e lo fanno star bene, se sono nuove e/o forti.

Nel bambino si trovano con-fusi, mescolati

·         l’emozione che prova,

·         i suoi comportamenti,

·         le sue intenzioni,

·         i suoi bisogni

e quando l’adulto – genitore , insegnante o altro che sia – LO RIMPROVERA IN TOTO (è la cosa più frequente che un adulto fa, indipendentemente da quanto ami il bambino!!!)

SEI disobbediente !   SEI prepotente ! 
 SEI cattivo !

il bambino sente il rimprovero non solo per il comportamento scorretto,

MA ANCHE

·         per ciò che egli prova,

·         per le intenzioni e i bisogni buoni che c’erano dietro il suo comportamento scorretto

·         per se stesso nella sua globalità e interezza.

Descrizione: G:\00Lavori\Intelligenza_Emotiva\Archivio sito\statico\intemostatico\www.intelligenzaemotiva.it\Attivita\images\pag. 54.jpg

E la confusione, l’incertezza, l’ansia si rafforzano.

La relazione e la comunicazione con l’adulto diventano sempre più problematiche e difficili…

Un siffatto comportamento da parte dell’adulto che pure ama il bambino e sta agendo con le migliori intenzioni di questo mondo, inconsapevole degli effetti del suo agire, nasce da quello che è stato definito "analfabetismo emotivo e che prescinde dal quoziente intellettivo, dalla cultura, dallo stato sociale, dal lavoro svolto.

Per rendere ancora più chiaro il concetto di sviluppo dell’intelligenza emotiva, semplificando molto e focalizzandoci soltanto sui primi passi di questo sviluppo, possiamo dire che siamo “emotivamente competenti” – siamo cioè emotivamente alfabetizzati e abbiamo avviato il processo dello sviluppo dell’intelligenza emotiva – quando:

·         conosciamo noi stessi;

·         siamo consapevoli delle nostre emozioni nel momento in cui si presentano;

·         sappiamo darvi un nome;

·         sappiamo accettare pienamente i nostri sentimenti e le nostre emozioni;

·         sappiamo comprendere le situazioni e le reazioni che i diversi stati emotivi producono;

·         siamo capaci di controllare i sentimenti in modo che essi siano appropriati alla situazione;

·         siamo capaci di empatia, capaci cioè di riconoscerle negli altri e di saperci relazionare con esse in modo efficace;

·         siamo consapevoli delle nostre risorse e siamo capaci di accedervi per superare gli ostacoli;

·         siamo consapevoli dei nostri limiti e ci attiviamo per superarli;

·         abbiamo fiducia nelle nostre e nelle altrui potenzialità;

·         siamo capaci di percepire il nostro valore e le nostre capacità;

·         siamo flessibili di fronte al cambiamento e ci adattiamo alle nuove situazioni;

·         sappiamo motivarci e abbiamo ottimismo e prontezza nel cogliere le occasioni.

Abbiamo dato uno sguardo fin qui al rapporto adulto-bambino. Seguiamo adesso la crescita di questo bambino che ha un siffatto rapporto con l’adulto, finché non arrivi all’adolescenza e chiediamoci:

ci si può meravigliare se nei giovani giunti all’’adolescenza – il periodo sicuramente più complesso e difficile per ogni essere umano, la cui durata sta sempre più prolungandosi in fasce di età definite adulte, in tempi non lontani – assistiamo a disagi, sbandamenti e conflitti  che sono di gran lunga più profondi e gravi di quelli che gli adolescenti vivevano cinquant’anni fa?

I bambini e i giovani hanno da sempre imparato e continuano ad imparare il modo di relazionarsi con gli altri attraverso la relazione interpersonale quotidiana con gli adulti con i quali vivono e interagiscono, oppure con i loro coetanei. Fino a non molto tempo indietro, i bambini partecipavano alla vita degli adulti molto più di quanto non accada oggi: li osservavano nel loro lavoro e talora vi partecipavano anche; condividevano con loro, nel bene e nel male, tutti gli eventi familiari, nascite e morti comprese; i più grandi si prendevano cura dei più piccoli, svolgendo le veci dei genitori. Oppure giocavano nei cortili sotto casa o nei campi per pomeriggi interi, con altri bambini, sia più piccoli che più grandi di loro.

Adesso, invece:

·         acquisiscono un’ enorme massa di informazioni ad una velocità elevatissima attraverso i tanti  strumenti  informatici a loro disposizione, ma hanno scarsi rapporti interpersonali, di persona. Sicuramente via internet – chat, e-mail – forum – social network –  via cellulare hanno una mole incredibile di contatti che le generazioni precedenti non si sognavano neppure, ma, a differenza di quelle, i bambini e i giovani di oggi  si sperimentano sempre meno nei rapporti “gomito a gomito”, di vicinanza umana in cui imparare a stare insieme agli altri, con tutte le sfide che questo comporta.

·         Non vivono più la vita insieme  agli  adulti, dai quali imparavano a fare attraverso l’osservazione, la vicinanza, l’imitazione, ma vanno a lezione per imparare a fare delle cose: spesso non sanno in cosa consiste il lavoro dei propri genitori e sicuramente la maggior parte di loro non ha mai visto papà o mamma nel luogo di lavoro; spesso sono figli unici e non si trovano nelle condizioni di doversi prendere cura di qualcuno;spesso sono tenuti lontani dalla condivisione di quegli eventi naturali della vita, come la morte, per un eccessivo senso di protezione da parte dei loro genitori.

·         Vivono sempre meno relazioni interpersonali libere, e sempre più invece relazioni finalizzate all’apprendimento di specifiche competenze intellettuali o fisiche: con  l’allenatore di calcio o di nuoto o di arti marziali, ecc…, con la maestra di danza o di pianoforte, ecc…, con l’insegnate di matematica o di latino,  ecc...

Questa mancanza di relazione e di vita insieme rischia di far dilagare un analfabetismo emotivo pericoloso ai fini di una vita di qualità.

"... I nostri studi dimostrano che i figli emotivamente allenati ottengono migliori risultati a scuola, stanno meglio in salute e stabiliscono relazioni più positive con i coetanei. Hanno anche minori problemi di comportamento, e riescono a recuperare più rapidamente dopo esperienze negative. L'intelligenza emotiva che hanno acquisito permette loro di essere più preparati ad affrontare i rischi e le sfide che li attendono nella vita."

John Gottman e Joan Declaire - INTELLIGENZA EMOTIVA PER UN FIGLIO

 “Le difficoltà della vita di relazione, in particolare nei giovani, sono un fattore che scatena la depressione.
... Spesso i bambini e gli adolescenti depressi non sono capaci – o non sono disposti – a parlare della loro tristezza. Non sembrano in grado di definire con accuratezza i propri sentimenti e manifestano invece sorda irritazione, impazienza, nervosismo e rabbia...”

Daniel Goleman  - INTELLIGENZA EMOTIVA

Come non è pensabile e non si pretende che un bambino impari a leggere correttamente e speditamente e a comprendere pienamente il senso di tutto ciò che legge in un solo anno, così non è pensabile e non si può pretendere che un bambino diventi emotivamente competente attraverso una sola esperienza educativa in tale direzione. E come l’apprendimento della lettura è un processo …

“… impadronirsi delle lettere e dei suoni dell’alfabeto, decodificare parole e frasi, comprendere e apprezzare parole e frasi sempre più complessi, dialogare con un mondo di esperienze e di idee più vasto, che si estende al di là del nostro”

Dan Kindlon, Michael Thompson –
INTELLIGENZA EMOTIVA PER UN BAMBINO CHE DIVENTERÀ UOMO

così il comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri è un processo che richiede allenamento continuo finché non diventa un’abilità automatica, come la lettura.

E’ un processo che ha inizio con la nascita e dovrebbe entrare a far parte, a pieno titolo, nella Scuola, come percorso educativo trasversale, come base comune ad ogni disciplina, a partire dal Nido e almeno fino al completamento della Scuola dell’obbligo, dalla nascita alla prima adolescenza come minimo.

La formazione degli Insegnanti e degli Educatori

Ma, per potere far sviluppare l’intelligenza emotiva del bambino e dell’adolescente, gli Insegnanti e gli Educatori  devono loro stessi avere sviluppato la propria, devono avere seguito una formazione specifica (dal momento che non è ancora presente nel loro iter formativo professionale) e devono avere acquisito gli strumenti necessari per insegnare “cosa e come fare” per sviluppare i diversi aspetti dell’Intelligenza emotiva nei propri allievi.

E tra tutti gli strumenti quello fondamentale, quello più importante è l’EDUCATORE EMOTIVAMENTE INTELLIGENTE, sia egli insegnante, educatore, genitore o altra figura a questi equiparabile:

“Che ci sia o meno un corso esplicitamente dedicato all'alfabetizzazione emotiva può essere molto meno importante del modo in cui queste lezioni vengono insegnate. Non c'è forse materia come questa nella quale la qualità degli insegnanti conti così tanto; il modo in cui un insegnante gestisce la classe è infatti in se stesso un modello, una lezione di fatto, di competenza emozionale o della sua mancanza. Ogni atteggiamento di un insegnante nei confronti di un allievo è una lezione rivolta ad altri venti o trenta studenti.

Non tutti gli insegnanti, per il loro carattere, sono portati a insegnare le Emozioni, poiché è necessario sentirsi a proprio agio nel parlare dei propri sentimenti e non tutti lo sono né vogliono esserlo … Poco o nulla nella formazione consueta degli insegnanti li prepara a questo genere di insegnamento.”

Daniel Goleman – INTELLIGENZA EMOTIVA

Come per il bambino e l'adolescente, anche per l’Adulto tutto ciò non avviene, però, in un giorno, attraverso una sola esperienza formativa: sviluppare l’Intelligenza Emotiva e le proprie Risorse fa parte di un processo, di un per-corso, che richiede allenamento continuo, finché non diventa un’abilità automatica, come la lettura, che con l’esercizio si perfeziona e si arricchisce sempre più fino a consentirci di apprezzare sottigliezze, sfumature e complessità impensabili all’inizio della nostra alfabetizzazione emotiva.

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